“Della fatal quiete”, l’impresa (riuscita) di Beppe Giampà

Impresa riuscita. È questo il primo pensiero che ho avuto dopo aver ascoltato Della fatal Della Fatal quiete_copertinaquiete, il nuovo album di Beppe Giampà dedicato alla poesia dell’Ottocento. Sì, perché  il cantautore piemontese ha pienamente raggiunto l’obiettivo di dare nuova linfa e una prospettiva inedita ai memorabili versi di Giosuè Carducci, Giacomo Leopardi, Ugo Foscolo, Giovanni Pascoli, vestendoli di melodia e di suoni. Il risultato non era per niente scontato, considerata la complessità della metrica, la portata letteraria delle opere e la loro appartenenza a un’epoca ormai lontana. Giampà è riuscito a far incontrare la bellezza di antichi versi, senza modificarne nemmeno una virgola, con melodie e arrangiamenti accattivanti, curati insieme a Manuel Daniele, che si rifanno alla migliore tradizione cantautorale arricchita di venature etniche.

Il disco si apre con San Martino di Giosuè Carducci, che l’artista ci restituisce in una versione eterea ed elegante, sostenuta dal pianoforte di Marco Genta, a cancellare definitivamente dalla nostra mente l’adattamento kitsch che Fiorello propose negli anni Novanta. Giampà canta i tormenti leopardiani contenuti nei versi di Alla luna e, accompagnato da sonorità etno-folk, la malinconia dell’esilio che Ugo Foscolo ha raccontato in A Zacinto. Passa poi attraverso la visione foscoliana della morte con Alla sera, da cui è tratto il verso che dà il titolo all’album, per tornare nuovamente a Carducci con Tedio invernale e Pianto antico, quest’ultima dedicata dal poeta al figlio Dante, morto all’età di tre anni. Nel disco ci sono anche un paio di incursioni nella poesia del Novecento:  La petite promenade du poète di Dino Campana e Non sto pensando a niente dell’autore portoghese Fernando Pessoa. Il viaggio si chiude con una delle liriche più importanti di Giacomo Leopardi, L’infinito, in cui la tenue voce del cantautore, supportata ancora dal pianoforte, ci accompagna nella quiete di quel verso finale scolpito nella storia della letteratura italiana: “E il naufragar m’è dolce in questo mare”.

Della fatal quiete è un disco adatto a tutti: ai bambini e agli adolescenti, a cui potrebbe rendere più semplice l’apprendimento di questi capolavori, agli adulti, che avrebbero modo di riscoprire liriche velocemente accantonate ai tempi della scuola, e infine agli stranieri che desiderano conoscere la nostra letteratura. È  un lavoro che non ha scadenza, non si consuma in una stagione. Durerà nel tempo, ve lo assicuro, come tutto ciò che nasce dall’ispirazione.

L’articolo é stato pubblicato anche su Radio Web Italia:

http://www.radiowebitalia.it/86685/dischi-novita/della-fatal-quiete-limpresa-riuscita-di-beppe-giampa.html

“Desiderio del nulla” su Mescalina.it

Qualche giorno fa è uscita una bella recensione del mio libro “Desiderio del nulla. Storia della new wave italiana” (Stampa Alternativa) sulla testata musicale Mescalina.it, a cura di Eliana Barlocco. Ve ne propongo un paio di estratti.

“Coccoluto, dopo una breve panoramica sugli albori del movimento in terra straniera (Gran Screenshot_2016-02-21-07-40-39Bretagna e Stati Uniti) si e ci butta a capofitto nella scena italiana. Ripercorre quindi la terra emiliana: Gaznevada, Rats fino alla paranoia dei CCCP, proseguendo coi Kirlian Camera. Si sposta poi a Firenze che forniva negli anni 80 il sessantadue per cento del prodotto musicale indipendente di tutta la nazione.arrivando a essere definita da molti addetti ai lavori la culla del rinascimento rock…, tratteggiando le caratteristiche dell’ambiente fiorentino in cui hanno visto i natali i Litfiba, i Diaframma, i Moda.

[…]

La ricostruzione è accurata. Completano il libro una scheda bibliografica e una sitografica, peccato non vi sia una discografia raggruppata, ma ad ogni modo durante la lettura vengono citati i lavori dei vari gruppi. Maggiore spessore al libro è dato anche dalle interviste ai protagonisti dell’epoca: ad esempio abbiamo le voci di Gianni Maroccolo, Daniele Trambusti, Giancarlo Onorato e tanti altri. Voci che contribuiscono a definire la ricerca che in quegli anni avveniva negli ambienti underground”. (Eliana Barlocco, Mescalina.it).

Qui potete leggere la recensione completa:

http://www.mescalina.it/libri/recensioni/salvatore-coccoluto/desiderio-del-nulla-storia-della-new-wave-italiana

Uscite indie dell’autunno 2012

L’autunno 2012, che doveva portarci dritti dritti alla fine deltre-allegri-ragazzi-morti-nuovo-disco-album-giardino-fantasmi-tracklist mondo, ci ha lasciato invece diversi lavori discografici indipendenti degni di nota. In questo articolo, uscito su il Fatto Quotidiano (web), vi racconto l’ultimo dei Tre Allegri Ragazzi Morti e di Umberto Maria Giardini (fu Moltheni), l’album della conferma dei Sikitikis e il secondo dei Telesplash. Per poi concludere con il grande vecchio, ma sempre di moda: Roberto “Freak” Antoni.

http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/01/01/musica-indie-italiana-quattro-uscite-per-scaldare-linverno/435952/

Bologna, una serata con Paul McCartney

Metti una gelida notte bolognese in cui non usciresti di casa per niente al

Paul McCartney sul palco di Bologna

mondo. E invece a Casalecchio di Reno c’è il concerto di apertura del tour europeo di sir Paul McCartney. Non si può mancare. Si va. Perché è un evento imperdibile per chi ha amato i Beatles e la musica in generale. Passeggiando intorno all’Unipol Arena si contavano una trentina di tir parcheggiati. Tutti targati GB e con la scritta “You rock – We roll”. Si capiva subito che sarebbe stato uno spettacolo imponente. Giochi di luci e schermi giganti. Fuochi d’artificio e coriandoli tricolore. Ai cancelli il pubblico delle grandi occasioni. Dodicimila persone. Tutte le generazioni si sono ritrovate lì. Dai bambini, che ingenuamente chiedevano ai papà di farsi una foto con Paul, fino a un’anziana, su per giù sugli ottanta, che cercava aiuto per salire i gradini dell’Arena. Alle 21.10 è iniziato il concerto. McCartney è salito sul palco e, nel tripudio generale di un pubblico impazzito, ha attaccato Magical Mistery Tour. Sono seguiti trent’otto pezzi. Rock ed emozioni a non finire. I classici dei Beatles, Let it be, Paperback writer, The long and winding road, Eleanor Rigby, Hey Jude, Yesterday, ma anche i suoi successi da solista. È stato difficile non commuoversi davanti ad una Something tutta per George Harrison e al ricordo di Lennon con A day in the life e Give Peace chance. Dopo più di due ore e mezza di concerto McCartney non sembrava un quasi settantenne. Sgambettava sul palco con l’energia e l’entusiasmo di un bambino. Tra i dodici mila spettatori c’era anche un ipercritico Lucio Dalla, a mio avviso un po’ troppo severo nel giudizio finale (vedi dichiarazione rilasciata al Corriere.it). E poi Walter Veltroni che a Il Resto del Carlino ha dichiarato: “McCartney è come Steve Jobs, ha cambiato le nostre vite”. Impossibile dargli torto.

Paul McCartney in concerto a Bologna – 26 novembre 2011

Una serata con Mimmo Locasciulli per Medici senza Frontiere

Una serata fresca di luglio al Castello Miramare di Formia. Un tramonto sul mare che si intravede in lontananza. Un pianoforte, un contrabbasso, un violoncello e un sax attendono che i musicisti salgano sul palco per dargli voce, per donargli anima e cuore. Entra prima Mimmo Locasciulli.Lo

Mimmo Locasciulli

seguono suo figlio Matteo, Giovanna Famulari e Fabrizio Mandolini. Mimmo saluta tutti con il cappello in mano. Poi lo indossa, si siede al pianoforte e inizia il concerto. Si levano le note delle sue canzoni. “Un po’ di tempo ancora”, “Aria di famiglia”, “Tango dietro l’angolo”, una splendida versione di “Adesso glielo dico”, in cui viene accompagnato per quasi tutto il pezzo solo dal contrabbasso del figlio Matteo. Mimmo canta tantissime storie. Le racconta anche tra un brano e l’altro. Ci commuove e si commuove con “Occhi” e ci fa sorridere con “Blu”. Poi c’è un’ovazione per lui e per i suoi musicisti. Saluta e esce. Un applauso ritmato lo richiama sul palco. E Locasciulli non si risparmia. Si risiede al pianoforte e suona “Lucy”, un pezzo tratto da “Idra”, il nuovo album, poi “Pixi Dixie Fixi” e per finire “Piano Piano”. Il pubblico se ne va contento ed emozionato. L’associazione culturale “Agorà” ha raggiunto l’obiettivo di ricavare denaro per Medici senza Frontiere. Locasciulli e i suoi musicisti tornano verso Roma in attesa, per dirla con “Intorno a trent’anni”,  che riparta il treno e “riprendiamo la giacca, ci mettiamo il cappello. E ci troviamo lì.”

L’illogica utopia di Giorgio Gaber

Se abbiamo già sperimentato quanto possa fare male una dittatura militare, non sappiamo ancora quanto possa fare male la dittatura della stupidità.” Sono parole di Giorgio Gaber. E pesano come macigni. Il Signor G si è rivelato sempre pronto a fotografare storture, incoerenze, contraddizioni della realtà sociale e politica

Copertina del libro "Gaber. L'illogica utopia"

circostante. Con la sua scomparsa ha lasciato un vuoto incolmabile nella storia culturale del nostro paese. Sono passati appena otto anni dalla sua morte, ma sono già innumerevoli i volumi che cercano di raccontare la sua arte. Il libro “Gaber. L’illogica utopia” (Edizioni Chiarelettere, pag. 320, euro 59,00 ) è uno degli ultimi usciti, ma anche uno dei più completi. È un’autobiografia. Sì, perché a parlare è proprio Giorgio Gaber. Il giornalista e fotografo Guido Harari, che ha curato la realizzazione di quest’opera, ha setacciato gli archivi della Fondazione Giorgio Gaber e ha raccolto materiali audio e video, interviste, manoscritti, testi inediti. Così, grazie alle trascrizioni di tutto il materiale radunato, è lo stesso Gaber a raccontare nel libro il proprio percorso umano e artistico. E parte da Milano, la città che lui ha amato e cantato, il luogo in cui ha vissuto la sua infanzia e in cui ha conosciuto, una volta raggiunto il successo, un illimitato e costante amore del pubblico. Il Signor G racconta il suo approccio con la musica e i primi passi nel mondo dello spettacolo. Poi parla delle contraddizioni degli anni Settanta: “Rimpiango di quegli anni ciò di cui oggi molti sentono la mancanza: la tensione morale, il piacere di essere in tanti, la speranza di partecipare al cambiamento. Tutto è finito malissimo e troppo in fretta. Ho cominciato tanti anni fa a non riconoscermi più in quello che i giovani facevano in nome della politica, quando qualcuno cominciò a sparare. È allora che è iniziato il crollo degli anni Settanta e ogni possibilità di dialogo e cambiamento si è chiusa”. Il racconto di Gaber è accompagnato da una serie di immagini scovate negli archivi dei fotografi che lo hanno seguito nel corso della sua lunghissima carriera. Nel volume si possono trovare anche le copertine dei dischi, una cronologia dettagliata e la discografia completa. Sfogliando “L’illogica utopia” capita qualcosa di miracoloso: si riesce a sentire nuovamente la voce del Signor G, il suo timbro caldo ed elegante. E non si può fare a meno di immaginarlo ancora sul palco, con una luce soffusa che lo “abbraccia” con discrezione, mentre scuote le nostre coscienze con il suo teatro canzone.

La recensione è stata pubblicata anche su  http://www.radiowebitalia.com/notizia.php?id=1297170001