Metti una gelida notte bolognese in cui non usciresti di casa per niente al

mondo. E invece a Casalecchio di Reno c’è il concerto di apertura del tour europeo di sir Paul McCartney. Non si può mancare. Si va. Perché è un evento imperdibile per chi ha amato i Beatles e la musica in generale. Passeggiando intorno all’Unipol Arena si contavano una trentina di tir parcheggiati. Tutti targati GB e con la scritta “You rock – We roll”. Si capiva subito che sarebbe stato uno spettacolo imponente. Giochi di luci e schermi giganti. Fuochi d’artificio e coriandoli tricolore. Ai cancelli il pubblico delle grandi occasioni. Dodicimila persone. Tutte le generazioni si sono ritrovate lì. Dai bambini, che ingenuamente chiedevano ai papà di farsi una foto con Paul, fino a un’anziana, su per giù sugli ottanta, che cercava aiuto per salire i gradini dell’Arena. Alle 21.10 è iniziato il concerto. McCartney è salito sul palco e, nel tripudio generale di un pubblico impazzito, ha attaccato Magical Mistery Tour. Sono seguiti trent’otto pezzi. Rock ed emozioni a non finire. I classici dei Beatles, Let it be, Paperback writer, The long and winding road, Eleanor Rigby, Hey Jude, Yesterday, ma anche i suoi successi da solista. È stato difficile non commuoversi davanti ad una Something tutta per George Harrison e al ricordo di Lennon con A day in the life e Give Peace chance. Dopo più di due ore e mezza di concerto McCartney non sembrava un quasi settantenne. Sgambettava sul palco con l’energia e l’entusiasmo di un bambino. Tra i dodici mila spettatori c’era anche un ipercritico Lucio Dalla, a mio avviso un po’ troppo severo nel giudizio finale (vedi dichiarazione rilasciata al Corriere.it). E poi Walter Veltroni che a Il Resto del Carlino ha dichiarato: “McCartney è come Steve Jobs, ha cambiato le nostre vite”. Impossibile dargli torto.