Astutillo Malgioglio è stato un calciatore, un portiere di serie A. Ha giocato con squadre del calibro della Roma, della Lazio e dell’Inter. La sua carriera da professionista è durata circa quindici anni, dal 1977 al 1992. Un calciatore atipico: niente macchine potenti, niente ville sfarzose, niente donne facili. Astutillo decise di non dissipare il proprio denaro in beni e svaghi effimeri. Preferì fare qualcosa di utile per gli altri, dando una mano

ai bambini affetti da distrofia muscolare. Dopo essersi specializzato nello studio dei problemi motori, nel 1977 cominciò ad accudire bambini affetti da distrofia muscolare. Per questo investì i propri soldi nel centro ERA 77, una palestra che attrezzò con macchine adeguate a prestare le cure a questi bambini.
Nel 1985 andò a giocare con la Lazio, dopo aver militato qualche anno nella Roma. I tifosi biancocelesti non potevano perdonargli l’affronto di aver vestito la maglia dell’odiatissima squadra rivale. Così, partita dopo partita, non perdevano occasione di stuzzicarlo, ricordandogli che era stato uno “sporco romanista”.
Il 9 marzo del 1986, come ogni domenica, Malgioglio scese in campo per difendere la porta della Lazio. Quel giorno i biancocelesti affrontavano il Vicenza. Ad accoglierlo, però, questa volta non furono solo i cori che gli sottolineavano ancora una volta la sua militanza nella Roma. Ci fu anche uno striscione: “Tornatene dai tuoi mostri”. I mostri erano i bambini assistiti da Astutillo. Posso solo immaginare cosa sia successo nella testa e nel cuore di Malgioglio. Il

tumulto che quello striscione avrà smosso dentro di lui.
No, il giocatore non poteva sopportare questo affronto ai suoi bambini. “Insultate me, ma lasciate stare i “miei” bambini”, avrà certamente pensato in quel momento. La partita ebbe inizio. Malgioglio, distratto e confuso dal disprezzo con cui era stato accolto, prese due goal ingenui, probabilmente evitabili. In quei minuti d’inferno, tra cori, striscioni e avversari che approfittavano di quella giornata no, prese la decisione di farla finita con il calcio. Non poteva sopportare che qualcuno toccasse i suoi “amici fragili”. Così, al fischio finale, Astutillo si tolse la maglietta della Lazio e ci sputò sopra. Poi la gettò verso la curva e uscì dal campo. Pochi giorni dopo rescisse il contratto con la Lazio. E decise di congedarsi per sempre dal mondo del calcio.
Passata da poco tempo quella brutta domenica, gli arrivò la telefonata di Giovanni Trapattoni. Lo voleva assolutamente all’Inter come vice di Walter Zenga. Dopo qualche titubanza, Malgioglio accettò. All’Inter ebbe modo di riscattarsi. Il suo impegno con i bambini distrofici venne appoggiato e incoraggiato da tutti. Dalla dirigenza ai compagni di squadra. Astutillo trovò addirittura alcuni compagni disposti a dargli una mano. Su tutti Jurgen Klinsmann, che fu coinvolto in diverse cene di beneficienza. Nel 1989 arrivò anche lo scudetto dell’Inter. Una grande soddisfazione per un atleta generoso, che era stato ingiustamente maltrattato dal mondo del calcio. Il giusto risarcimento per le sofferenze patite qualche anno prima.
Poi arrivò il ritiro definitivo dalla scena del calcio. Questa volta sul serio. Era il 1992. Astutillo aveva 34 anni e militava nell’Atalanta.
Dopo aver lasciato la carriera agonistica, Malgioglio continuò a gestire il suo centro per la riabilitazione dei bambini distrofici. Ma i soldi finirono in pochissimi anni. Così fu costretto a chiudere Era 77 e a regalare i costosissimi macchinari che aveva acquistato. Per un po’ continuò a fare assistenza gratuita a domicilio. Poi la salute smise di assisterlo e fu costretto ad abbandonare anche questo ultimo stralcio di attività.
Ancora oggi pare che la sua salute non sia delle migliori. Di lui si sa pochissimo. Ma una cosa è certa, quando vedo giocatori capricciosi che passeggiano per il campo, che sfrecciano sulle loro auto potenti, che si mettono in posa davanti ai fotografi con la velina di turno, beh, non posso fare a meno di pensare ad Astutillo Malgioglio. Sì, penso a lui. E mi consolo. Perché rivedo davanti agli occhi qualcosa di più di un atleta, un giocatore, un portiere. Vedo il volto pulito del calcio.
che Dio lo protegga proprio ora che proprio lui deve essere aiutato dagli altri.
Grande Tito, io bresciano ho sempre avuto grande rispetto del tuo operato come grande uomo votato al servizio dei bambini sfortunati. Un fraterno abrraccio