Se qualcuno mi chiedesse a bruciapelo il nome di un gruppo che a cavallo tra gli anni Settanta e i primi anni Ottanta ha prodotto del pop italiano di qualità, senza pensarci troppo direi i Matia Bazar. Il gruppo genovese seppe conquistare un pubblico vasto ed eterogeneo, proponendo arrangiamenti elaborati e suoni originali, anche grazie alle radici prog dei suoi componenti.
Nei primi anni Settanta a Genova esisteva infatti una realtà progressive molto viva e ben radicata: i maggiori rappresentanti erano i New Trolls di Vittorio De Scalzi e Nico Di Palo, ma in quell’ambito gravitavano anche i Jet, band nata nel 1971, con Carlo Marrale alla chitarra e alla voce, Aldo Stellita al basso e alla voce, Piero Cassano alle tastiere e Renzo Cochis alla batteria. Tra 1971 e il 1974, il gruppo pubblicò un LP e diversi singoli con l’etichetta Durium. “La bellezza degli anni Settanta era che c’era tanta gente che suonava e il linguaggio di chi suonava allora era appunto il progressive: era il suono di quegli anni” ha raccontato Carlo Marrale nel libro Genova. Storie di canzoni e cantautori. Poi una sera fu il destino a metterci le mani, con un incontro speciale, uno di quelli che ti spinge a cambiare direzione: ai Jet venne presentata Antonella Ruggiero, colei che diventerà una delle voci femminili più espressive e intriganti della scena musicale italiana con un timbro vocale unico. Durante un concerto della PFM in un locale di Sampierdarena, dove i Jet erano di casa, Marrale e company notarono una ragazza molto carina seduta al tavolo con il loro produttore dell’epoca. Era proprio Antonella, che in quel periodo era solita esibirsi con il nome d’arte di Matia, scelto per la sua natura indefinita, né maschile né femminile. Nonostante in quegli anni in Italia nei gruppi musicali non militassero donne, decisero di provare a coinvolgerla nel loro progetto. “Le demmo appuntamento il giorno dopo a Molassana, dove noi facevamo le prove di Fede, speranza e carità” ha raccontato ancora Carlo Marrale nel libro Genova. Storie di canzoni e cantautori. “Piero le chiese cosa volesse cantare e lei iniziò a cappella You’ve got a friend. Con il suo timbro particolare ci conquistò subito e iniziò a collaborare come vocalista aggiunta. La sua voce venne aggiunta come colore a un progetto che però era maschile”.

Capirono di avere tra le mani una cantante carismatica dalla voce speciale, così decisero di archiviare i Jet e di far nascere i Matia Bazar. Al soprannome di Antonella venne affiancato il termine ‘Bazar’, che ben rappresentava le peculiarità del gruppo, il quale curava direttamente il proprio ‘prodotto’ musicale, dagli arrangiamenti fino ai testi delle canzoni, spingendosi anche all’organizzazione delle tournée. Era un bazar di idee, musica, canzoni. E la partenza fu la migliore tra quelle immaginabili, con il singolo Stasera…che sera, uscito nel 1975, che mostrava immediatamente il valore della band e la magica alchimia che lo caratterizzava: la scrittura raffinata e incalzante di Aldo Stellita, le capacità compositive di Marrale e Cassano, la voce avvolgente della Ruggiero. “[…]Ricordo ancora perfettamente quando nacque: il 1 gennaio del 1975” ha dichiarato ancora Marrale nel libro Genova. Storie di canzoni e cantautori. “Stavo tornando da un capodanno passato insieme agli altri ragazzi del gruppo; per farmi passare i postumi della notte brava (ero tornato alle 5 del pomeriggio a casa!) ho preso la chitarra e le prime note che mi sono venute fuori sono state proprio quelle di Stasera che sera, da lì a qualche giorno è nata la canzone. È come se l’avessi già avuta in testa, è difficile da spiegare. Ce l’avevo già nel mio cervello, nel mio hard disk già frullava da tempo”. A registrare il brano, che avrebbe partecipato a Un disco per l’Estate, furono Marrale, Stellita, Cassano e la Ruggiero, mentre alla batteria partecipò il session man Paolo Siani. Appena pochi mesi dopo, a dare un assetto definitivo alla line up dei Matia Bazar, arrivò in pianta stabile il batterista Giancarlo Golzi, anche lui reduce dall’esperienza con una band progressive, i Museo Rosenbach. Arrivò così il singolo Cavallo bianco, che raccoglieva in maniera nitida le influenze prog dei componenti del gruppo fondendole con un pop melodico d’autore, tutt’altro che scontato.
La band raccolse l’entusiasmo del pubblico che si trasformò in un consenso straripante nel 1977, in occasione dell’uscita di Solo tu, che divenne una hit da oltre un milione di copie vendute. Questo successo li portò dritti sul palco del Festival di Sanremo, a cui nel 1978 parteciparono per la seconda volta con il brano …E dirsi ciao, aggiudicandosi con merito la kermesse. Il periodo positivo continuò con l’uscita del brano C’è tutto un mondo intorno, in cui le voci di Marrale, Cassano e della Ruggiero dialogavano meravigliosamente. In particolare, sul finale, la voce di Antonella, nella registrazione in studio, raggiunge vette stratosferiche, riuscendo a far tremare le casse del giradischi.
Negli anni Ottanta si aprì una nuova fase per il gruppo: Piero Cassano decise infatti di abbandonare il progetto e al suo posto subentrò il tastierista Mauro Sabbione, che contribuì ad aprire il periodo elettronico dei Matia Bazar. “Le notti passate insonni, soprattutto con Aldo e Antonella Ruggiero poi con Carlo Marrale e Giancarlo Golzi a parlare dei brividi elettronici che attraversavano il vecchio continente, sono uno dei ricordi più belli” ha raccontato sul suo sito ufficiale Mauro Sabbione a proposito della sua militanza nella band. “Ascoltavamo Ultravox, Kraftwerk, Joy Division, Peter Gabriel ma anche B52 o la lirica italiana, mentre mettevamo a punto i nuovi pezzi che sarebbero stati l’ossatura del magnifico periodo postmoderno culminato con Vacanze romane”. Sabbione entrò nel gruppo nei primi mesi del 1981 e non ebbe alcun problema a far suo tutto il vecchio repertorio. Poi insieme cominciarono a scrivere i nuovi pezzi e da quel momento in poi, fino al 1984, lasciò la sua impronta sintetica nel suono e negli arrangiamenti dei Matia Bazar. In questo periodo nacquero due lavori pregevoli come Berlino, Parigi, Londra, che proponeva atmosfere new wave culminanti nella magnifica Fantasia, e Tango, l’album di Vacanze romane ed Elettrochoc, pietra miliare del pop elettronico italiano. Proprio Vacanze romane venne presentata al Festival di Sanremo nel 1983, classificandosi al quarto posto e aggiudicandosi il Premio della critica.
Poi Sabbione lasciò il posto a Sergio Cossu e il suono del gruppo si fece meno new wave, ma i Matia Bazar nella seconda metà degli anni Ottanta continuarono a sfornare successi, da Souvenir a Ti sento, oltre a brani che avrebbero meritato più attenzione come La prima stella della sera, canzone presentata, senza troppa fortuna, nel 1988 al Festival di Sanremo. Poi qualcosa iniziò a rompersi nell’ingranaggio perfetto che aveva caratterizzato il lavoro e l’equilibrio del gruppo fino a quel momento. Nel 1989, dopo 19 album e 7 dischi live, la Ruggiero decise di lasciare i suoi compagni di viaggio. Sentiva che per lei quella magnifica esperienza fosse arrivata al capolinea, che non le fornisse più nuovi stimoli. “[…]Per 14 anni, siamo andati in giro per il mondo e questo è il ricordo più bello che ho di quel meraviglioso periodo” ha dichiarato Antonella a Onda Musicale. “Insieme siamo andati in alcune aree del Mondo che adesso non ci sono più come l’Unione Sovietica, la Siria e la Giordania in quanto luoghi completamente annientati dalle guerre. Oppure in un Paese come il Cile dove allora era in vigore il coprifuoco. Io, noi, abbiamo visto un mondo che è completamente cambiato”. I Matia Bazar continuarono con una nuova cantante, la bravissima Laura Valente, ma non fu la stessa cosa. Nel 1993 anche Carlo Marrale decise di abbandonare il gruppo. La partenza della Ruggiero aveva “squilibrato un asse” ha raccontato il chitarrista. “I Matia Bazar stavano diventando un’altra cosa e per onestà nei confronti di me stesso e di Aldo ho deciso di fermarmi”. Proprio con la scomparsa di Aldo Stellita, avvenuta nel 1998, il gruppo cambiò pelle definitivamente. Oltre a essere il bassista del gruppo, Stellita era autore della maggior parte dei testi, un raffinato paroliere, intelligente e sensibile. Ma era anche una figura fondamentale per gli equilibri del gruppo. “È stato più che un fratello, buono, paziente, saggio, lungimirante, intellettualmente onesto, intelligentissimo, oltre che un poeta” ha dichiarato Carlo Marrale in un’intervista a firma di Andrea Turetta. “Anzi direi che se è venuta fuori la parte buona di me, lo devo proprio a lui. Le canzoni più importanti della storia del Matia Bazar le abbiamo composte insieme”. Con la morte di Aldo Stellita si esauriva definitivamente anche lo spessore poetico della band. Tutto ciò che venne dopo fu un onesto pop senza particolari sussulti, distante anni luce dai fasti dei Settanta e degli Ottanta, gli anni d’oro dei Matia Bazar.